Il 12 febbraio scorso ci ha lasciato Roberto “Freak” Antoni (pace alla sua tormentata anima).
In questa sede però non intendo dedicarmi alla commemorazione del suo GRANDE, geniale talento, sempre irriverente e provocatorio, che peraltro ho apprezzato molto.
Se ne sono già occupati in tanti.
Personaggi autorevoli e competenti (chi più, chi meno), molti dei quali già “c’erano” durante l’incendiario millenovecentosettantasette bolognese, hanno speso parole importanti e sentite, tese a rilevare il notevole peso specifico avuto, in oltre trentacinque anni di carriera, dal nostro amato agitatore culturale.
Parole tanto importanti e sentite che, se uno fosse sceso sulla Terra da Marte il giorno dopo la sua dipartita, e avesse letto la pioggia di coccodrilli e necrologi apparsa sui media nazionali, avrebbe pensato che si stesse parlando di un personaggio seguitissimo dal grande pubblico. Di un uomo di grande successo.
Peccato che le cose non stessero esattamente così, vista la costante difficoltà avuta dal nostro uomo nell’ottenere, nel corso di tutta la sua carriera, i consensi che avrebbe invece strameritato. Quelli che oggi gli dedicano pagine e pagine di giornale (su carta e in rete), sono gli stessi che, con pigrizia e sciatteria, si limitavano a classificare lui e gli Skiantos sotto la voce “demenziale”. Il che, di per se, non sarebbe offensivo. Ci mancherebbe. Peccato, solo un filino riduttivo…
Vi chiederete: ma questo dove vuole andare a parare?
Presto detto. Il sottoscritto vorrebbe semplicemente suggerire a chi legge uno spunto di riflessione: in questo paese siamo bravi a ricordare, segnalare, divulgare gli Artisti di spessore solo quando si trovano già due metri sotto terra. Un po’ tardi, direi.
Quando penso, per dirne una, ai cugini transalpini, che per inciso non trovo molto simpatici (anzi…), mi viene un travaso di bile.
In Francia il talento dell’Artista viene coltivato, protetto, difeso e, particolare non secondario, sostentato. Da noi, no.
In Francia l’Artista è messo nella condizione di esprimersi al meglio, senza l’angoscia di non saper come fare a mettere insieme il pranzo e la cena, a pagare l’affitto. Da noi, no.
In Francia esistono tanti spazi, pubblici e privati, dove esibirsi o dove esporre il proprio lavoro. Luoghi dove la dignità dell’artista e il valore della sua opera sono trattati con il rispetto dovuto, e riconosciuti in pieno. Da noi, no.
La crescita, la maturità, lo stato di emancipazione e libertà intellettuale di un paese si misurano, a mio avviso, anche dalle condizioni in cui versa l’attività culturale, e la divulgazione della cultura stessa.
E in Italia sono dolori. Da noi la Cultura e l’Arte se la passano maluccio, mi pare, e il risultato purtroppo s’inizia già a intravedere sulle nuove generazioni che, volendo fare di ogni erba un fascio, si contraddistinguono più che altro per la piattezza del loro encefalogramma. Anche a causa della totale mancanza d’interesse verso qualsivoglia forma d’arte. Non per colpa loro. O non solo, almeno.
In conclusione, cari Signori della Stampa e delle Telecomunicazioni, vi inviterei a prendere nota di quanto segue, per cortesia: siccome c’è già lo Stato che non fa un benemerito cazzo per agevolare, rendere accessibile e fruibile l’Arte, evitate di metterci anche del vostro.
Non vi si chiede molto, solo un po’ più di attenzione nei confronti degli artisti meritevoli, se possibile quando ancora in vita.
Un po’ più d’interesse, suvvia, verso chi condivide con noi, senza filtro e finzione, il proprio mondo interiore, e che grazie alle proprie Opere permette al nostro confuso spirito di trarre sollievo, di librarsi sopra la mediocrità che in quest’epoca oscura tutto avvolge.
E già che ci siete, magari meno piaggeria nei confronti dei soliti noti (vedere, ad esempio, alla voce “pseudo-rockers emiliani”), che non hanno certo bisogno delle vostre bavose, viscide marchette per propinare alla massa i loro irrilevanti prodotti (perché di merce si tratta, non certo di arte), e che hanno come unico scopo quello di rimpinguare, ancor di più, i loro già disgustosi conti in banca.
Grazie Mille, Distinti Saluti.
“Io me la meno Io me la meno Ogni giorno di meno mi ritrovo sereno se impazzisco mi sveno non posso farne a meno/Io me la meno ogni notte mi dimeno domani prendo il treno vado fino a San Remo” – da “Io me la meno”, Skiantos – MonoTono,1977