Mentre scrivo queste parole ho sotto gli occhi la Limited Edition n. 929, in CD, di Sangue e Cenere. E’ la mia.
Questa brevissima premessa è doverosa e necessaria, bisogna subito mettere in chiaro una cosa: se cercate obiettività, se cercate analisi tecniche, se cercate la recensione di stampo classico, e magari un po’ snob, magari un po’ spocchiosa (vero, SIB?), non prendetevi nemmeno la briga di leggere queste righe.
Da queste parti i Gang sono una religione. I Gang sono stati il mio romanzo di formazione, e Marino è stato una sorta di padre spirituale per me.
Un anno fa, di questi tempi, il mio caro amico nonché sodale, The EggMaster, mi comunicava che sì, finalmente!, i Gang avrebbero registrato un nuovo disco composto da inediti, a quattordici anni di distanza da “Controverso”. Da lì a pochi mesi sarebbe partita, tramite il portale BeCrowdy, la più memorabile campagna di crowdfunding mai condotta prima in Italia. Quella stessa campagna che ci ha fatto capire, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, quanto siano amati i Gang, e quanto sia profondo questo Amore.
Ricordo ancora l’emozione adolescenziale provata in quel momento, l’eccitazione, la pura gioia. I Gang avrebbero registrato un disco nuovo! E lo avrebbero fatto da uomini liberi, in assoluta autonomia economica, artistica ed intellettuale!
Ed è stato così che dopo alcuni mesi è nato Sangue e Cenere, prodotto da Jono Manson, il Grande Timoniere che ha portato in mare i Gang, a vele spiegate.
Sangue e Cenere è un disco che mi commuove, e che cresce ad ogni ascolto. Un disco che rinfranca l’orgoglio di appartenere alla Grande Tribù dei Gang.
Quando sento dire che i Gang sono un gruppo fuori moda, mi faccio una grassa risata, e la faccio per dissimulare il profondo senso di compatimento che provo nei confronti di chi ha pronunciato queste parole.
Valori come solidarietà, uguaglianza, ospitalità, accoglienza, memoria, amore, pace, riconoscenza, ricerca della giustizia non passeranno mai di moda.
Questi valori fanno parte della storia dell’Uomo, costituiscono la sua più grande ricchezza, la sua parte migliore. Un uomo che li perde smette di essere un uomo. Diventa la triste, vuota, anonima ombra di se stesso.
Quindi, per cortesia, smettiamola di dire cazzate. I Gang sono una delle più grandi espressioni della storia della Canzone Italiana, sono e resteranno nella storia per forma e contenuto, e con questo disco non hanno fatto altro che confermarlo.
Come mi ha fatto notare più volte il mio già citato amico The EggMaster, c’era una dannato bisogno di Sangue e Cenere. Ne avevamo bisogno tutti noi, e ne avevano bisogno i Gang.
Bisognava ricordare alla Storia distratta di questo paese che la Gang vola ancora alto, altissimo, vola che è una meraviglia.
Durante gli ultimi quattordici anni Marino e Sandro non hanno mai mollato: hanno percorso l’Italia in lungo ed in largo, andando a suonare dal vivo ovunque venissero chiamati, sempre e comunque con il sorriso sulle labbra, sempre e comunque con una buona parola per tutti, sempre e comunque con un carico di canzoni memorabili da donare. Hanno partecipato ad innumerevoli progetti, hanno collaborato con centinaia di altri artisti, hanno pubblicato diverse raccolte di canzoni autoprodotte.
Cos’hanno ricevuto in cambio? Tonnellate di amore, riconoscenza, stima ed amicizia.
Che immensa ricchezza.
Sangue e Cenere si apre con la title track, e a casa mia bastano pochi secondi affinché l’arbitro possa dichiarare “gioco, partita, incontro” a favore della Banda dei fratelli Severini. Basta la strofa iniziale, “Io non amo canzoni di ferro/amo i riccioli d’oro”, pronunciata da Marino con la sua voce meravigliosa, a farmi salire i brividi lungo tutta la schiena. Chitarre spiegate, ritmica granitica, un testo che è una dichiarazione di intenti, e quella voce.
Che voce, quella voce.
Nella voce di Marino sono presenti tutte le sfumature dell’Amore, stagionate e maturate nel modo migliore, e questo disco non fa altro che rafforzare questa mia convinzione.
E che chitarra, quella chitarra.
La chitarra di Sandro ha un timbro personalissimo, originale. Il suono della sua chitarra potresti riconoscerlo in mezzo ad altre mille, diecimila, centomila. Sandro ha un tocco raffinatissimo, essenziale. Non è mai eccessivo, eppure riesce a risultare ugualmente graffiante e potente. Un grande talento, che in questo disco viene fatto risaltare in maniera scintillante (thanks a lot, Mr. Jono Manson).
Non fa in tempo a sfumare il primo pezzo, ed ecco arrivare Non Finisce Qui, grande ballata dal sapore americaneggiante, punteggiata dal meraviglioso sax tenore di Craig Dreyer.
Mi viene il groppo in gola quando ascolto questa canzone: sembra scritta pensando a mio padre. Anche mio padre “era un bambino che correva tra la polvere ed il cielo”, ed un giorno “venne a prenderlo la vita”, anche per lui “a nord c’era una paga, un lavoro, il meno peggio, se ti prendono per fame prima o poi ti fanno ostaggio”.
Anche mio padre se l’è portato via l’amianto, dopo una vita fatta di sacrifici e rinunce, allo scopo di crescere al meglio un figlio, l’unico figlio, amato più della propria vita.
“Io mio padre lo ricordo
Quando a casa ogni sera
Con gli occhi dentro al piatto
Piano piano mi chiedeva
‘E oggi come è andata? ’
Ed io ‘Bene! ’ rispondevo
Mio padre era un bambino che correva
Tra la polvere ed il cielo”
C’è poco altro da aggiungere, viene voglia di piangere di un pianto liberatorio.
Vietato dimenticare, obbligatorio lottare fino alla fine per ottenere giustizia. Lo dobbiamo a tutte le persone morte per colpa di un silenzio criminale.
Alle Barricate è un pezzo in perfetto stile Gang d’assalto: travolgente, trascinante, non fa prigionieri. Non vedo l’ora di cantarla a squarciagola da sotto il palco della Gang, spendendo fino all’ultima goccia di sudore. A me ricorda molto la versione combat rock di Fischia il Vento contenuta ne “La Rossa Primavera”.
Grande versione, quella, ma in questo contesto la straordinaria produzione di Jono Manson fa la differenza. Gran pezzo, si gode alla grandissima. Ho una notizia per tutti voi: la Gang è tornata, e suona da dio!
Ottavo Chilometro è una splendida ballata acustica che si fregia della presenza di Garth Hudson della Band alla fisarmonica, e già questa cosa da sola varrebbe il prezzo del biglietto, ma c’è molto altro. C’è Jason Crosby che si divide tra violino e pianoforte, e soprattutto c’è la storia del partigiano Wilfredo Caimmi.
Per dirla citando letteralmente le parole di Marino: “A Wilfredo devo molto perché fu soprattutto lui a farmi capire, in occasione di diversi incontri, quanto fossero importanti le canzoni come strumento e linguaggio per tenere vivo e acceso il fuoco della memoria della Resistenza. E questa canzone è una promessa fatta a lui, ma anche a tanti partigiani e partigiane che ho incontrato in questi anni in Italia.”
Wilfredo è scomparso il 17 ottobre del 2009, ma vivrà sempre in questa canzone. Partigiani una volta, Partigiani per sempre.
Marenostro, canzone candidata al Premio Amnesty International Italia 2015, è una delle vette assolute del disco, ed oserei dire dell’intero canzoniere della Gang. Si tratta di un’altra ballata struggente, di quelle che ti entrano dentro, una canzone della quale c’era una gran bisogno. Una meravigliosa preghiera laica, che in un amen porta l’ascoltatore a trovarsi in mare aperto, accalcato sopra ad una bagnarola in balia delle onde, insieme a centinaia di altri Esseri Umani, tutti in fuga dalla fame e dalla guerra (Salvini, prendere nota please), tutti uniti nel desiderio di un futuro migliore.
Siamo Italiani, popolo di migranti per eccellenza, ma sembriamo avere dimenticato questa cosa. Quanto ci siamo imbruttiti.
“Marenostro tu sai chi li guida
È quel Dio che non ha frontiere
Che cammina sull’acqua e sul fuoco
E che spezza tutte le catene
E’ il Dio di tutti i colori
Che combatte la fame e la guerra
E per lui nessuno è straniero
Come in cielo così come in terra”
Perché Fausto e Iaio? è l’unica canzone non inedita del lotto, e racconta una delle tante tristi storie che non vanno dimenticate. E’ il valore della memoria. Senza memoria l’uomo è niente, senza memoria l’uomo non è più uomo, ma solo una pedina.
“E’ caro sangue il nostro
E ancora ci tocca
Come in via Mancinelli
Come a piazza Alimonda”
Esecuzione potentissima: un muro di chitarre rabbiose ma eleganti si amalgamano tra di loro alla perfezione, sostenute da una sezione ritmica sontuosa e potente, mentre Marino volta alto, lassù, sulle ali di una voce che assomiglia sempre più a quella di un capo tribù nativo americano.
Una versione che lascia davvero senza fiato e che emoziona profondamente.
Non faccio in tempo a riprendermi dall’emozione, ed ecco che le ultime note di Perché Fausto e Iaio? sfumano nelle prime di Nino, canzone dedicata ad Antonio Gramsci. Marino si rivolge in prima persona a Nino, il soprannome di Gramsci da bambino, e gli racconta la sua amarezza nel constatare lo sgretolarsi dell’eredità lasciata dal Partito Comunista Italiano, fondato da Gramsci stesso il 21 Gennaio 1921.
Una ballata toccante, malinconica, ma comunque piena di speranza.
Comunista non è che un sentimento, è Rivoluzione. Hai proprio ragione, Marino: essere comunisti è uno stato dell’anima, ed in tal senso io mi ci sento dentro pienamente.
Non credo che essere comunisti al giorno d’oggi abbia più molto a che fare con un’ideale strettamente politico. Sono stanco degli slogan, delle frasi fatte: spesso nascondono il vuoto. Invece, non mi stancherò mai di condividere e promulgare ideali quali uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale, difesa del più debole, rispetto per il prossimo.
“Oltre le sbarre, oltre i cancelli, oltre queste mura”
Sangue e Cenere è un disco fatto di ballate, e Nino è la mia preferita.
Quando si parla de Gli Angeli di Novi Sad, bisogna scomodare il De André più alto (e ho detto poco) che si sposa con il Morricone più evocativo (idem). Marino canta, con una voce mai sentita prima, un testo antimilitarista potentissimo, e lo fa, udite udite, accompagnato da una meravigliosa Orchestra Marchigiana, l’Orchestra Pergolesi diretta dal Maestro Stefano Campolucci. Non sono in grado di commentare ulteriormente questa canzone, mi limito a consigliarvene l’ascolto al buio, in cuffia. Se non vi scende nemmeno una lacrima vuol dire che siete morti.
“Perché ogni passo sia cammino”
Più forte della morte è l’amore può essere una canzone sorprendente per chi non conosce a fondo i Gang. Per me ad essere sinceri non lo è. O meglio, può esserlo dal punto di vista strettamente musicale, visto che siamo dalle parti del soul e del gospel, ma non può esserlo per quanto riguarda il testo.
Ho sempre “sentito” molta spiritualità nei testi di Marino: una spiritualità certamente laica, ma altrettanto certamente percepibile.
Più forte della morte è l’amore è una canzone superba, che aggiunge sfumature inaspettate alla storia musicale dei Gang. Chapeau.
Nel Mio Giardino è un pezzo estremamente Gang, forse il più “old style Gang” del lotto, ma l’arrangiamento lo rende straordinario. Una volta che l’hai ascoltato, non puoi più farne a meno. Persino un culo di pietra come il mio, avvezzo quasi esclusivamente ai 4/4 del rock and roll, non riesce proprio a stare fermo. Nel testo, tra i più intimi e personali mai scritti da Marino, c’è una sorta di definitivo ritorno a casa, e si percepisce sincera commozione.
“E se c’è un posto dove torna un Re Bambino
È proprio qui
Qui
Nel mio giardino”.
Il disco si conclude con Mia Figlia ha le ali leggere, delicata, sentita canzone. Meravigliosa conclusione per un disco meraviglioso. Il titolo dice già tutto. E mentre le ultimo note sfumano nel vento, io provo un grande senso di sollievo.
La Banda dei Fratelli Severini è tornata. Lo sapevamo, in fondo non se n’erano mai andati, anzi. Però questo disco ci voleva proprio, serviva.
Questo disco ci dona un nuovo senso di appartenenza, lo rinnova, lo rinfranca, e ci ricorda che cosa fantastica sia fare parte della tribù della Gang.
I Gang sono stati uno tra gli incontri più straordinari della mia vita, e le canzoni dei Gang mi hanno insegnato quello che i libri non sono stati in grado di insegnarmi.
Sangue e Cenere è l’ennesimo dono che mi/ci fanno, ed io non posso fare altro che ringraziarli.
Grazie Marino, Grazie Sandro.
Perché ogni singolo passo sia sempre cammino. Sempre.
È bravi e dir poco